Editoriale

Il frustino nella mano della politica

Messa alla porta Doha Zaghi, la mistress che adora Berlusconi

Doha Zaghi (foto Facebook)

Suvvia, sappiamo bene che la politica italiana ha regalato protagonisti ben più imbarazzanti di una mistress. E persino manette che non sono certo servite a soddisfare solo qualche fantasia erotica. Tuttavia il fatto che accada a Como, città notoriamente poco incline alle trasgressioni, a meno che non avvengano oltreconfine, là dove si può peccare legalmente, fa ancora più sorridere. Un piccolo scandalo nella città più pettinata d'Italia, nel pieno di una campagna elettorale senza troppo colore, è apparso ai più come una boccata d'ossigeno.

Una piccante deviazione che per un paio di giorni ha regalato qualche brivido rosso. Ma si sa, l'ebbrezza del piacere è così effimera che non poteva durare a lungo. A rimettere in ordine le cose, a dimostrare chi ha davvero il "frustino" tra le mani, ci ha infatti pensato Carlo Calenda. Stuzzicato dal deputato leghista Claudio Borghi, al quale ha dapprima risposto per le rime, il leader di Azione alla fine ha deciso che Doha Zaghi non aveva i presupposti per il ruolo. Che non era quello di dominatrice ma, eventualmente, di consigliera comunale nella coalizione del centrosinistra a Como.

E alla fine, messa così, diventa una sentenza più sinistra che di sinistra. Per valutare se fosse opportuno candidare Doha Zaghi con Azione, sarebbe bastato, senza crocifiggerla, dare una sbirciatina al suo profilo Facebook, dove senza nemmeno correre indietro secoli, è infatti sufficiente tornare al 14 febbraio 2022, si trova un post nel quale manifesta tutta la sua stima, con tanto di cuoricini, nei confronti del Cavaliere, Silvio Berlusconi. Il che, intendiamoci, è più lecito ma politicamente discutibile per una candidata del centrosinistra: "BOMBERONE! Pensare che c'è chi a 30 anni non è in grado di regalare un cioccolatino, Silvione Romanticone". Candidati che mettono comunque l'accento sulle scelte spesso "leggerissime" della politica. 

L'ultimo post di Doha Zaghi, probabilmente scritto ieri prima che arrivasse la scure di Calenda, recita invece così: "La mia candidatura è un segnale per capire realmente se abbiamo le palle di vivere senza pregiudizi, sessismo e avvicinarci a quell'Europa e a quell'America tanto ammirata, in caso contrario l'Italia sarà solo la provincia dell'Arabia Saudita". Ora io non so se siamo periferia del regno che ha incoronato Re, nel 2015, Salman bin Abdulaziz al SaudSalmān, tuttavia non è certo dagli Stati Uniti che possiamo prendere lezioni di libertà sessuale applicate alla politica. 

Una cosa, alla fine, è però certa: questi due giorni di popolarità nazionale, professionalmente parlando, varranno oro. La porta di Palazzo Cernezzi per il "demonio" Doha Zaghi si è chiusa ancor prima che avesse la possibilità di varcarla, facile però immaginare che il telefono di Lady Demonique sia ora più bollente che mai.  


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